Il
passaggio degli Appennini fra storia e leggende
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La basilica medioevale di San.Giovanni Decollato (a
sin.) e Cornacchiaia, punto di sosta prima del passo dell'Osteria
Bruciata
Siamo ormai entrati
nell'Anno Santo o
Giubileo delle Misericordia istituito da Papa Francesco. Roma
ospiterà durante questo periodo migliaia di pellegrini provenienti
da tutto il mondo. Il merito guadagnato sarà l'indulgenza plenaria,
ma ai pellegrini non sono richiesti molti sacrifici: sarà
sufficiente la permanenza di poche ore nelle chiese giubilari ed una
giusta preparazione d'animo.
Non così semplice era
durante il
primo Giubileo
del 1300 istituito da Bonifacio VIII: il
pellegrino, dopo un viaggio a piedi o a cavallo lungo anche diverse
settimane, doveva soggiornare a Roma per due settimane e,
giornalmente, visitare tutte le quattro basiliche Lateranensi (San
Giovanni in Laterano, San Pietro, San Paolo e Santa Croce in
Gerusalemme) seguendo un itinerario lungo quasi dieci chilometri
attraverso le vie dell'Urbe.
Erano persone semplici che
si
accontentavano anche di un pagliericcio per dormire e di poco cibo,
ma che riuscivano a camminare percorrendo tratti giornalieri anche
maggiori di trenta chilometri (forse allora sembravano meno perché
le distanze erano misurate in leghe).
E che dire
dell'attraversamento delle
montagne? Chi proveniva dal centro o dal nord dell'Europa doveva
passare sia le Alpi che gli Appennini utilizzando strade mulattiere e
chiedendo l'ospizio presso "ospitales" o rifugi situati
alle pendici o alla sommità dei passi.
Il passo della Raticosa
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Il passo dell'Osteria Bruciata
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Meno noti rispetto ai
passi Alpini,
gli Appenninici riservano molte sorprese: negli ultimi decenni,
proprio fra gli aspiranti pellegrini Romei, si è parlato tanto di
"via
Francigena" e del passo di Monte Bardone
(la Cisa) come autostrada del sole del medioevo. La sua fama è
dovuta ad un itinerario percorso da Sigerico di Canterbury nel 990
per raggiungere e tornare da Roma, percorso consigliato
prevalentemente sotto il dominio Longobardo.
Durante il primo Giubileo
del 1300,
fra altri attraversamenti di interesse "locale", gli
Appennini si attraversavano all'Alpe di Serra salendo da Forlì o
meglio lungo la "direttissima" Bologna Firenze per il passo
di Raticosa (Monghidoro, Pietra Mala, Cornacchiaia) seguito dal passo
dell'Osteria Bruciata che porta poi in Mugello passando per
Sant'Agata.
Il passo dell'Osteria
Bruciata ed il
suo "rifugio" di cui restano ancora le rovine ha una storia
piuttosto particolare perché "cancellato" dai fiorentini
verso la metà del 1300 assieme alle proprietà in loco della potente
famiglia degli Ubaldini che ricavavano grandi profitti dall'esazione
dei pedaggi. Forse i pellegrini del primo giubileo furono gli ultimi
che soggiornarono presso l'ospitale
di Sant'Agata di origini alto
medioevali e videro la tristemente famosa Osteria: una leggenda a
riguardo racconta le vicende di un frate che per intraprendenza
potrebbe assomigliare al francescano Guglielmo di Baskerville,
protagonista del romanzo "Il nome della Rosa".
Si narra che l’oste e la
sua
famiglia usassero uccidere nel sonno alcuni malcapitati viandanti che
pernottavano alla locanda in cima al passo per impadronirsi dei loro
beni. Il giorno seguente pare che servissero le loro carni ai nuovi
avventori.
Un giorno il prodigo frate
Guglielmo,
proveniente da Bologna e diretto a Firenze, si fermò in quel luogo
per rifocillarsi e, pensando che la carne che gli avevano imbandito
non fosse di manzo, chiese di averne alcune libbre da portare con sé
per i confratelli del Bosco ai Frati dove aveva intenzione di fare
tappa. L’oste gli preparò le carni, ma il
frate, una volta arrivato a Sant’Agata del Mugello, andò dalle
guardie del vicariato dove la carne fu riconosciuta come umana. I
soldati che salirono al passo
trovarono altri resti e le prove degli assassini, tutti i componenti
della famiglia furono impiccati, l’osteria distrutta e bruciata
affinché non fosse ricostruita.
Firenze in seguito fondò i borghi di
Firenzuola e Castel San Barnaba (Scarperia) ed aprì la mulattiera
del Giogo (passo del Giogo o di Scarperia) che attirò tutto il traffico
appenninico assieme al vicino passo della Futa.
Il
passo della futa
Purtroppo la zona ha altre
storie da
raccontare: qualche secolo più tardi, quando venne aperto il tracciato
della Futa al traffico delle carrozze, un arciprete di Pietramala
capeggiava una banda di
briganti che assaliva i forestieri che transitavano sulla nuova
strada carrozzabile tra Bologna e Firenze.
La trappola mortale
scattava quando
una vecchia locandiera inviava il suo servo a Pietramala
dall’arciprete a chiedere lenzuola pulite per nuovi clienti
arrivati alla sua locanda. Quello era il segnale per la banda di
briganti che assaliva e uccideva gli sfortunati viandanti ospitati
per la notte, li derubava di tutte le loro ricchezze, e li seppelliva
nel bosco avendo cura di nascondere anche cavalli e carrozze.
La vecchia locandiera, ostentando i
gioielli rubati, insospettì le guardie dello stato di Bologna che da
tempo indagavano sulle strane sparizioni. L’epilogo della vicenda
avvenne quando le guardie riuscirono a far confessare il servo
dell’ostessa ed arrestarono l’intera banda dopo una furiosa
sparatoria.
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