Pellegrini a Roma nel 1300
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...A Roma i pellegrini trovavano non solo
i ricordi degli Apostoli e dei Martiri, ma reliquie preziose come il
legno della Croce e i chiodi, il panno della Veronica, la scala santa,
la colonna della flagellazione, la tavola dell'ultima cena e tanti
venerabili resti.
Mentre la Terrasanta, per la separazione sempre più netta del mondo
orientale dall'occidentale e poi per l'espansione araba, si faceva
quasi inaccessibile, quelle reliquie facevano di Roma veramente la
nuova Gerusalemme.
La Scala Santa
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La colonna della Flagellazione
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La Tavola dell'Ultima Cena
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E ogni anno i pellegrini si mettevano per
le strade. Camminavano per lo più
a piedi su ciò che restava della monumetale viabilità romana in gruppi
numerosi.
Chi poteva si fermava nelle locande, ma al sostentamento dei più poveri provvedevano gli ospizi: ordini
monastici, lungo tutte le strade che conducevano a Roma, avevano
disposto gli
hospitales, alimentati
anche con le elargizioni dei potenti affinché il dono dell'ospitalità
potesse essere continuo.
A Roma le provvidenze abbondavano
- basti ricordare le famose scholae peregrinorum
che accoglievano i romei distinti per nazionalità.
Legno della Croce
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Chiodi della Crocefissione
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Panno della Veronica
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Durante il Giubileo del 1300 non si era mai vista una folla così enorme,
una affermazione questa che ricorre in numerose fonti: «e andovvi grandissima gente di tutta la cristianità,
sì che parve incredibile a chi non l'avesse veduta».
Ed erano uomini e anche donne e i bambini,
come fosse una immensa devota migrazione: «e
andavano el marito e la moglie e i figlioli e lassavano
le case serrate e tutti di brigata con perfetta divozione andavano
al detto perdono».
A Roma l'afflusso era continuo:
«Dentro e fuori le mura della città
si ammassava una fitta moltitudine, sempre più, quanto
più passavano i giorni e molti restavano schiacciati nella
calca. Fu allora adottato un rimedio salutare, anche se non radicalmente
sufficiente, aprendo nelle mura una seconda porta per fornire
ai pellegrini una via accorciata, tra il Monumento di Romulo
e l'antica» (Il presunto Sepolcro
di Romolo davanti a S. Maria in Transpontina e, probabilmente,
la porta Castelli).
Un rimedio improvvisato come quello di cui
ci parla Dante per dividere la
folla sul ponte di Castel S. Angelo:
Dunque una moltitudine infinita: «Al continuo in tutto
l'anno durante aveva in Roma oltre al popolo romano duecentomila
pellegrini, senza quelli che erano per li cammini andando e tornando».
«Uscendo da Roma nel giorno
di vigilia del Natale vidi una turba grande, che nessuno poteva
calcolare e fama era tra i romani, che vi furono più di
due milioni tra uomini e donne».
«Fu fatto
così gran concorso in Roma, che assai spesso in un giorno
si ebbe un movimento di trentamila romei entrati e trentamila
usciti».
Anche in quell'anno l'andamento del pellegrinaggio dovette
avere le solite curve, nel ciclo stagionale e liturgico, se pure
attenuate per la eccezionalità del richiamo e per il fatto
che il perdono era offerto senza interruzione.
Dopo la Pasqua, quando di solito si aveva una
stasi nei pellegrinaggi, quell'anno vi fu solo una «vix
dierum octo suspirii interpolatio» una calma di otto giorni e poi subito una ripresa.
Se i Pugliesi, i Sardi e i Corsi arrivarono per lo più durante l'estate, dagli altri paesi
giunsero soprattutto in autunno e in inverno: «Della
Spagna non pochi, numerosissimi poi di Provenza e anche moltissimi
della Gallia, di Inghilterra invece rari per causa delle guerre,
e così ogni altra nazionalità di occidentali, avendo
atteso condizioni di temperatura conformi ai loro paesi, vennero
pellegrinando al principio di autunno o d'inverno, in folla austera
e devota. In verità non soltanto questi trovarono favorevole
tale temperatura, che anzi nel tempo medesimo gli Alemanni e
gli Ungari delle regioni settentrionali arrivarono in turni ripetuti
e per tutto l'anno centenario fu quello sempre il tempo preferito»
Bonifacio VIII indice il Giubileo
del 1300.
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Piazzale dell'antica basilica vaticana.
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L'ostensione della Veronica ai fedeli
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Dove venne alloggiata tutta quella gente? fl problema, sicuramente più
difficile da risolvere per noi abituati a dormire in camere singole o
doppie, allora era meno sentito. Le esigenze erano ben più modeste: era
normale dividere una stanza o addirittura un letto tra molti, ed i
pellegrini penitenti ed i poveri erano rassegnati ai disagi e
pernottavano spesso sotto i portici delle chiese o all'aperto se non
pioveva.
Comunque in Roma vi erano tante locande e, per i pellegrini provenienti da lontano, scholae e ospizi.
Anche l'ospitalità
dei privati fu certo impegnata fino alla saturazione:
«i romani tutti eran fatti albergatori».
Più difficile da risolvere fu il problema
dell'approvvigionamento. «L'impensato
concorso di romei, dopo che per tre mesi circa Roma li ebbe forniti
in abbondanza di tutto il necessario per la vita, cominciò
a minacciare carestia, in special modo pel motivo che né
i forni né i molini sovraccarichi parevano poter bastare
alla moltitudine»
Vari cronisti, indipendenti tra loro
e concordi, constatarono che l'abbondanza
dei prodotti fu veramente miracolosa. Solo il fieno, per la presenza dell'eccezionale
numero di cavalcature, e per l'ovvia mancanza di riserve nella primavera e nell'estate, scarseggiò
e raggiunse alti prezzi. Ogni altra cosa si mantenne invece abbastanza
a buon mercato. «De pane, vino, carnibus,
piscibus et avena bonum mercatum ibi erat»...
«e i
romani, per le loro derrate, furon tutti ricchi».
E ricchissima divenne la Chiesa: «sicché si è venuta formando
l'opinione che quel giubileo non solo fu un grandioso affare
finanziario, ma un affare pensato come affare, una decisione per
raunar denari e tesoro».
... dal libro di Arsenio Frugoni: Pellegrini a Roma nel 1300 edito da Piemme
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