Nella storia della bicicletta il triciclo ha origini che risalgono
addirittura ai primi velocipedi. Uno dei prototipi si deve al
meccanico francese Henry Gourdoux, il quale nell'agosto 1821
brevettò un "celerifero" a tre ruote, precursore
dei tricicli che si diffusero senza molto successo sul finire
dell'Ottocento. Tali mezzi furono principalmente studiati e realizzati
per un utilizzo prettamente femminile; lo scopo era di garantire
il massimo equilibrio, agevolando così le pedalate delle
nobili signore ancora fasciate da ampi e lunghi abiti.
Attorno al 1870, nacque negli Stati Uniti il "sociable",
un triciclo con doppia catena di trasmissione sulle due grandi
ruote posteriori. Quest'esemplare (con lo sterzo comandato da
una lunga leva azionata sulla piccola ruota anteriore), fu studiato
e realizzato in un'officina di Boston a cura del meccanico Pressy,
un uomo sempre attento ad apportare innovazioni per un utilizzo
più diffuso della bicicletta. Il curioso mezzo era in
grado di trasportare due persone, comodamente sedute su un seggiolino
imbottito sostenuto dal telaio poggiante sui mozzi delle ruote.
Il prototipo raffigurato corrisponde ai più diffusi tricicli
in uso verso la fine dell'800.
La moda del triciclo ebbe in ogni modo vita breve; a far sparire
dalla circolazione i simpatici, quanto complicati, mezzi furono
le continue modificazioni apportate alla bicicletta e la contemporanea
nascita dei tandem: cicli speciali a due posti - uno dietro l'altro
- con sincronismo di pedalata giacché azionati da un'unica
catena di trasmissione che agiva sulla ruota posteriore. Fra
le officine che in quell'epoca dettero spazio ai tricicli, oltre
all'americana Pressy, ci furono la francese Meyer ma, soprattutto,
le fabbriche inglesi, che cercarono di imporre sul mercato un
prodotto troppo costoso per un utilizzo popolare. Fra le aziende,
si segnalarono le produzioni Duncan, Humber, Hillman.
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