SULLE STRADE DEL MONDO 1: il decumano è la strada privilegiata per il viaggio
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Il
cardo ed il decumano erano gli assi del castrum romano: ciascuno di
essi conduceva ad un porta di accesso all'accampamento. Anche le
piante delle città romane erano caratterizzate dalla presenza di
strade ortogonali che trovavano proprio nel cardus e decumanus
maximus gli assi di riferimento. Alla
pianta di una città romana si ispira quella del sito di Expo 2015.
Echi
di una civiltà antica, patrimonio del nostro Paese e dell'intera
umanità, a cui ci rimanda anche la citazione latina di Plinio il
Vecchio all'ingresso del Padiglione zero. Semmai
ci fossimo allontanati anche per poco dal presente, bastano pochi
passi per essere catapultati velocemente nell'attualità.
Il
moderno decumano di Expo è un lungo viale coperto di circa 1.500
metri; ai suoi lati sorgono le più disparate costruzioni. Forme,
materiali e colori differenti per rappresentare i diversi Stati con
le loro culture, i loro cibi e le loro tradizioni.
Milano
incontra il mondo ed il decumano è la strada privilegiata per il
viaggio.
Il
primo colpo d'occhio lascia un po' confusi e disorientati tanta è la
diversità dei padiglioni che, accostati gli uni agli altri, richiamano
l'idea di un accampamento, per la verità, anche piuttosto casuale e
disordinato. Era forse la stessa sensazione che si provava entrando
in un castrum?
Negli
intenti degli organizzatori di Expo il decumano, che attraversa
l'intero sito da est ad ovest, rappresenta simbolicamente l'asse che
unisce il luogo del consumo di cibo, la città, a quello della
produzione, la campagna. All'estremità orientale del sito è posta,
infatti, la collina mediterranea ricoperta da olivi, agrumi e fichi.
Sono
oltre 130 i Paesi partecipanti a questa Esposizione universale di cui
circa 60 hanno un allestimento autonomo mentre i restanti occupano
spazi più ristretti all'interno di nove cluster tematici. Ogni
Paese, rispettando dei parametri dati, ha interpretato e proposto con
modalità proprie il tema dell'Expo milanese “Nutrire il Pianeta.
Energia per la vita”.
Nella
storia centenaria delle Esposizioni, per la prima volta non si tratta
di una pura esibizione del progresso umano ma un'occasione di
confronto e dialogo tra diversi Stati ed Organizzazioni
internazionali allo scopo di sviluppare interventi comuni per uno
sviluppo sostenibile.
La
sfida più importante resta ancora quella del cibo per ogni essere
umano, il cibo come fonte primaria di vita per ciascun individuo.
Inizio
a percorrere il decumano ed incontro lo sguardo della Madonnina del
Duomo di Milano.
La
riproduzione della statua dorata annuncia il padiglione della
Veneranda
Fabbrica del Duomo.
Un
richiamo immediato alla storia ed all'operosità di Milano di cui il
Duomo rappresenta un simbolo conosciuto in tutto il mondo. Mi sento
in una città amica e, rassicurata come ogni milanese quando passa
sotto la sua Madunina, cammino più spedita.
Il
viaggio incomincia sulle passerelle di legno e tra le pagode spoglie
del Nepal.
Il pensiero corre all'immane tragedia che recentemente ha colpito
questa terra, così difficile e così amata: in una cassetta appesa
moltissimi visitatori passando lasciano un'offerta, in segno di
solidarietà.
Sul
lato opposto del viale ad attirare l'attenzione è il Padiglione
dell'Angola.
Le sue ampie dimensioni e le particolarità dell'edificio creano
curiosità. Dopo una breve attesa si è accompagnati all'interno
dell'edificio che si svolge su più piani: ispirato alla forma di un
baobab stilizzato, il percorso affronta il rapporto tra cibo e
cultura, educazione ed innovazione. I numerosi visitatori salgono da
un livello all'altro percorrendo corridoi piuttosto angusti che
immettono in ambienti in cui tradizioni e culture locali più lontane
nel tempo si uniscono ad elementi di forte modernità: pratiche
secolari ed avanzate tecnologie che si fatica a comporre alla fine
della visita. Dall'alto del padiglione lo sguardo abbraccia il vasto
sito espositivo, al di sopra delle coperture “alate” sul
decumano.
Appena
sotto, la perenne coda di persone in attesa di salire sulla lunga
rete elastica interattiva che immette nel Padiglione del Brasile.
L'idea
di un percorso un po' da equilibristi attira molti visitatori,
bambini e ragazzi ma anche adulti di ogni età che, pur di mettersi
alla prova sulla rete, sono disposti ad accettare di restare in fila
per attendere il proprio turno di visita. Nel percorso sottostante e
nel vasto padiglione il Brasile mette in mostra l'enorme varietà di
coltivazioni che caratterizza questo esteso Paese, uno dei più
grandi produttori agricoli del mondo.
Poco
lontano colpisce la sagoma bianca del padiglione coreano ispirato al
Vaso Luna, una tradizionale ceramica della Corea.
L'edificio si sviluppa su due piani articolati in modo da raccontare,
con l'ausilio di sofisticate attrezzature tecnologiche, la storia
dell' hansik, “cibo del futuro”. La proposta è quella di una
cultura alimentare equilibrata, basata su ingredienti vegetali come
nella cucina tradizionale coreana. Di grande impatto le diverse
proiezioni che invitano il visitatore ad una riflessione personale
sul proprio modello di alimentazione; particolarmente interessante e
sorprendente per noi europei anche il percorso riguardante la
pratica tradizionale della fermentazione che avviene in grandi vasi
conservati nel terreno.
In
questo breve tratto di strada abbiamo incontrato le culture di tre
continenti: Africa, America meridionale ed Asia.
Le estese costruzioni
in legno e vetro del Belgio
ci
riportano in Europa. Ispirato
al concetto di sostenibilità, il padiglione è stato costruito con
materiali facilmente riciclabili utilizzando tecnologie avanzate per
l'isolamento termico e la gestione dell'acqua.
Il
percorso espositivo è un modello in scala di una “Lobe city”,
una città avanzata ed interattiva. Nei tre diversi ambienti, la
fattoria, la cantina, l'atrio si passano in rassegna i prodotti
tipici di questo paese come la birra ed il cioccolato e le tecniche
di produzione alternative, in particolare quelle delle colture
idroponiche. Si lascia il padiglione con negli occhi l'immagine del
filamento del DNA, simbolo della vita, e lo sfavillio dei diamanti
che impreziosiscono i gioielli esposti.
Le
forme aeree dei fiori di loto del Vietnam
avvicinano
all'area dei cluster tematici del riso, del cacao e cioccolato e del
caffè. In una giornata di pioggia è particolarmente suggestiva
l'immagine delle zone ricostruite a risaie che, con le gocce d'acqua,
si riflettono nella superficie a specchio che delimita il cluster del
riso.
Tra
i padiglioni che si affacciano sul decumano in questo tratto
sicuramente il più singolare è quello della
Malajsia:
quattro enormi semi della foresta pluviale costruiti in glulam, un
legno ricavato da un materiale locale sostenibile.
Proponendo
suggestioni grafiche e multimediali interattive il percorso valorizza
gli antichi saperi e gli usi tradizionali del Paese per trovare un
equilibrio tra rispetto della biodiversità ed agricoltura
commerciale. Riconosciuta come una delle diciassette “aree
megadiverse” del mondo, la Malajsia si presenta, oltre che con i
suoi prodotti e cibi, anche con il suo patrimonio culturale di arte e
musica.
L'Asia,
in tutta la sua varietà di culture, è in grado di continuare a
stupirci.
Il
progetto architettonico del vasto padiglione della Repubblica
popolare cinese si
ispira ai concetti di cielo, terra, uomo, alla cultura del riso e del
frumento. Il tetto tradizionale a nove sporgenze si fonde con
elementi moderni per richiamare l'ondeggiare di un campo di grano.
Realizzato in bambù, il tetto permette alla luce naturale di
filtrare e di ridurre i consumi energetici.
Nei diversi ambienti la
Cina racconta la sua storia millenaria: i ventiquattro periodi del
calendario agricolo, i sedici elementi tipici della tradizione e
cultura cinesi, la multiformità dei paesaggi e delle terre
coltivate. Un
percorso che incanta e rapisce.
L'ultima area, cuore ideale del
padiglione, è dedicata all'Armonia.Una
suggestione di forme e colori per intraprendere la ricerca del
difficile equilibrio tra uomo e natura.
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Come
in quello cinese, in tutti i padiglioni nazionali sono presenti
ristoranti dove gustare la cucina tipica del Paese. Se, però, la
predilezione è per la cucina italiana, non resta che visitare gli
spazi dedicati alle specialità culinarie delle diverse regioni
italiane. Una nutrita possibilità di scelta tra piatti della
tradizione regionale. Tra tante proposte di cucina, quello che non ti
aspetti: una mostra d'arte, anticipata sul decumano dai quattro
cavalli bronzei di Francesco Messina. Dal cibo per il corpo, al
nutrimento per la mente.
Per
illustrare la ricchezza e varietà artistica delle regioni italiane,
“Il tesoro d'Italia”, Vittorio Sgarbi ha riunito 350 opere prese
in prestito da Musei e collezionisti. Le
opere d'arte che appartengono ad epoche differenti, dal Trecento al
Novecento, sono disposte in sezioni regionali. Lo spazio angusto,
l'illuminazione decisamente inadeguata e la presenza di opere
discutibili rendono, però, l'esposizione poco godibile. All'uscita la
sensazione è di pesantezza, di una eccessiva concentrazione di opere
d'arte tanto differenti in uno spazio che difficilmente può rendere
l'idea della quadreria a cui il curatore forse ha voluto ispirarsi.
Anche l'originalità e la bellezza di alcuni singoli esemplari
sembrano sfuggire. Un'occasione persa come quando, a tavola, viene
servito un piatto di portata troppo pieno.
All'esterno,
a dominare la scena, fa bella mostra di sé, l'incredibile macchina
di Santa Rosa, una torre alta trenta metri e del peso di oltre cinque
tonnellate trasportata a spalla da più di cento uomini ogni anno il
3 di settembre quando, a Viterbo, si festeggia la santa. Ora, di sera
la macchina di Santa Rosa, simbolo della città di Viterbo, illumina
il sito dell'Expo.
( 1. Continua )
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