Montesquieu in Italia (1728 - 1729) “Napoli si può vedere in due minuti, ci vogliono sei mesi per vedere Roma” |
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Nel
1728, quando Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu,
giunge in Italia ha quasi quarant'anni e, fino ad allora, non si è
mai allontanato dalla Francia. Ma,
alle soglie dei quarant'anni, il suo punto di vista cambia: l'idea di
viaggiare in Europa nasce dalla volontà di conoscere realmente
luoghi, persone, fenomeni naturali, economici e sociali di popoli
diversi. Dall'immaginazione alla realtà: parte per visitare la
Germania, l'Italia e l'Olanda.
Partito da Graz il 12 agosto 1728 in compagnia di un amico letterato incontrato a Vienna, Montesquieu arriva a Venezia il 16 agosto con un viaggio così rapido che non gli permette di scrivere molte osservazioni durante il tragitto. Dopo essersi fermato circa un mese a Venezia che trova una città incantevole ma in declino, visita Padova, Vicenza e Verona. “La strada da Padova fino a Verona è bellissima. “Nei campi, ogni 50 passi c'è un filare di alberi, una specie di aceri, ai quali la vite si marita, e che ricopre interamente. In mezzo, cereali e miglio, come saggina e granoturco. Intorno ai campi ci sono dei gelsi; e così uno stesso campo vi dà grano, vino, seta, legna, senza contare gli alberi da frutto come noci,ecc.”
Il
paesaggio che vede attorno a sé lo colpisce particolarmente anche
mentre si avvicina a Milano. La sua attenta descrizione è per noi,
oggi, un'eloquente testimonianza delle profonde trasformazioni che
hanno completamente mutato questo territorio. Raggiunta
Milano, Montesquieu è entusiasta dell'accoglienza ricevuta nei
salotti di molte nobili e colte signore milanesi di cui non disdegna
la gentile compagnia. Si meraviglia della profonda cultura umanistica
e scientifica della contessa Clelia del Grillo Borromeo che lo
introduce alla Biblioteca Ambrosiana.
Partendo
da Milano in direzione di Torino si ferma a Sesto Calende dove si
imbarca per le Isole Borromee. “Non
è possibile veder qualcosa di più bello dell'isola che si chiama la
Bella”
commenta descrivendo con minuzia di particolari il Palazzo e lo
scenografico giardino a terrazze.
A Genova trova gli abitanti del luogo per nulla socievoli ed estremamente avari, a Pisa conta i passi attorno alla torre pendente per stabilire, con un calcolo matematico, di quanti possa ancora inclinarsi senza cadere. Livorno lo interessa soprattutto per il porto “capolavoro della dinastia medicea” e le fortificazioni verso il mare e la città. Alla descrizione dei porti anche di altre importanti città italiane come Venezia, Genova, La Spezia, Ancona dedica uno spazio particolare nei suoi appunti di viaggio.
A
Firenze ammira l'economia con cui vivono gli abitanti e l'assenza di
sprechi nella vita quotidiana ma è Roma a conquistarlo tanto da
celebrarla come “
la più bella città del mondo”.
Giunto
a Napoli rimpiange Roma osservando che “Napoli
si può vedere in due minuti, ci
vogliono
sei mesi per vedere Roma”.
Trova meravigliosa la via Appia che percorre sino a Capua.
Il
suo viaggio di ritorno avviene partendo da Roma ed attraverso le
terre del papa. Loreto dove visita il Santuario della Madonna con la
Santa Casa, Ancona, Senigallia famosa per la sua vivace fiera e,
percorrendo la “bellissima
Romagna”,
Montesquieu raggiunge Bologna. Qui visita con grande interesse
l'Accademia e l'Istituto dove i professori impartiscono pubbliche
lezioni in diverse discipline.
Considera
“cosa
miserevole”
viaggiare in carrozza di posta negli Stati dei piccoli principi
italiani che, dovendosi rivolgere ai maestri di posta per prendere i
loro cavalli senza pagare, concedono in cambio di sfruttare gli
stranieri a cui vengono richieste somme più che doppie rispetto al
dovuto.
Montesquieu lascia Mantova il 29 luglio 1729 alla volta di Verona e quindi, seguendo il corso dell'Adige, arriva a Trento e Bolzano. Da qui, lungo la valle dell' Isarco valica il Passo del Brennero per raggiungere Innsbruck.
“ A
Trento avevo fatto mettere, per tre pistole di Spagna, un avantreno
alla mia sedia di posta. A conclusione del suo viaggio in Italia Montesquieu osserva che, da un versante e dall'altro, grazie alla presenza delle Alpi, la Germania e l'Italia possono facilmente difendersi dalle invasioni. Constata, con una certa amarezza, che “il Tirolo è una fortezza e se i Romani avessero fatto un'unica provincia del paese che oggi noi chiamiamo Italia, e se la Repubblica l'avesse gelosamente custodita, sarebbe durata a lungo”. Le sue riflessioni sulla storia, l'ordine e la causalità degli eventi, le istituzioni e le leggi dei diversi popoli lo impegneranno successivamente in un lungo lavoro durato quattordici anni per la stesura del suo scritto più importante, “De l'esprit des lois”, opera fondamentale della storia del pensiero giuridico e politico moderno pubblicato da Montesquieu anonimamente a Ginevra nel 1748.
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Giugno 2021, Rosalba Franchi |