L'Ultima Cena, Leonardo e Civate
dalla relazione al convegno del 01/04/2017 "Leonardo a Civate" di Dario Monti

I luoghi descritti nei fondali di Leonardo esistono davvero oppure sono solo frutto della sua immaginazione?
L'idea che le sue ambientazioni pittoriche fossero "paesaggi dell'anima" è ancora comune e attraversa la storia dell'Arte, ma nelle sue opere Leonardo ha inserito chiari elementi topografici che non possono essere casuali e che, una volta collocati sul territorio, possono servire per aggiornare la sua biografia raccontando spostamenti, permanenze e possibili relazioni.
 


La località, dove Leonardo ha ambientato la Cena, potrebbe essere in qualche modo legata alla corte del Moro e luogo in cui l'autore ha soggiornato durante le sue esplorazioni nella valle dell'Adda o in Valsassina?
Per rispondere a questa domanda, in assenza di documentazione scritta, è necessario individuare un metodo di ricerca che sia scientificamente valido, che tenga conto anche di particolari secondari come la luce, la dimensione del locale, l'arredo, l'architettura, il panorama al dilà delle finestre. Ma sono anche importanti le persone che circondano l'artista, la figura del committente, famigliari, conoscenti, allievi, amici.

Nella ricerca del luogo che ha ispirato l'ambientazione dell'Ultima Cena alcuni indizi sono determinanti per iniziare l'indagine: l'illuminazione del locale e della scena, l'ambiente naturale, l'architettura del locale e la distribuzione degli arredi, le persone che sono in relazione con l'artista.
  • Primo indizio: la luce
I commensali dell'Ultima Cena sono seduti ad una tavola lunga circa cinque metri posta parallelamente al lato più corto di un locale libero da altri arredi. Sulle pareti laterali otto arazzi di piccole dimensioni legati con anellini a chiodi infissi alla muratura.  Il soffitto è sorretto da un solaio in legno scuro. La parete di fondo ha tre finestre di cui la centrale è anche una porta che immette su un balcone. Dalle finestre entra una luce particolare che dal basso illumina il soffitto e la parte alta della parete di destra.
Questa luce è il segno che contraddistingue il dipinto di Leonardo e che ritroviamo nelle copie succesive.


La luce a destra in alto proviene da uno specchio d'acqua

Il sole riflesso in inverno su uno specchio d'acqua

Quale può essere la sorgente di questa luce? 

Solo chi vive vicino e a nord di uno specchio d'acqua può rispondere: è un fenomeno che si ripropone solo in certe ore ed in certi periodi dell'anno, diverso a seconda della posizione e dell'orientamento del locale. 
Quando nel 1487 ha ricevuto l'incarico per dipingere l'Ultima Cena, Leonardo abitava già a Milano da almeno quindici anni e può aver avuto questa esperienza forse in una residenza posta in riva ad un lago prealpino. Il lago di Como, di Varese, il lago Maggiore o i laghi Briantei presentano varie località che hanno la caratteristica richiesta, ma Leonardo nei suoi scritti e disegni descrive solo il  lago di Como e le sue montagne ed i laghi Briantei che illustra in un suo studio per collegare con una via d'acqua Milano al ramo di Lecco attraverso il Lambro.
Leonardo,  ha scelto spesso luoghi montani dell'alta Brianza o della Valtellina come soggetto dei suoi disegni naturalistici.

  • Secondo indizio: oltre le finestre della Cena un ambiente collinare e di bassa montagna  posto aldilà  di un'ampia valle.



Le sezioni del panorama sembrano far parte di un unico disegno in cui, nella finestra a sinistra, si osserva il dolce pendio di un monte che ricomincia, nella finestra centrale, con un rilievo più aspro prima di diventare una quinta quasi orizzontale. Dietro, con colore degradante, un altopiano.
Una superficie di colore azzurro rimasta del dipinto originale segnala la presenza di uno specchio d'acqua e poco oltre, osservabile solo con grande attenzione, c'è un campanile. Ecco quindi gli elementi topografici: il pendio a sinistra, la gobba e la chiesetta in centro, il lago fra le spalle di san Giovanni e di Gesù.




Lo sfondo nella copia attribuita ad Andrea Solario custodita a Tongerlo. Si nota come il panorama dello sfondo sia meno profondo anche se conserva buona parte degli elementi caratteristici. Restano le montagne, lo specchio d'acqua, scompare il campanile e si perde l'effetto della prospettiva aerea che invece è fortunatamente ancora presente nell'originale.

Nella copia conservata ad Oxford,  nota come Ultima Cena della Certosa di Pavia ed attribuita a Marco d'Oggiono o al Giampietrino, si osserva un impianto paesaggistico simile al precedente, ma ancora più piatto. I colori, il panneggio delle vesti, i particolari del vasellame e dei bicchieri restano a ricordo di come doveva essere l'originale di Leonardo prima del degrado causato dall'umidità presente nel refettorio dei Domenicani a stretto contatto con le cucine.

Esiste una località che naturalmente possa soddisfare i due primi indizi? La fotografia, utilizzata per il confronto, è stata ripresa sopra il lago di Annone nel comune di  Civate.




Si noti che Leonardo riproduce con esattezza i colori aerei azzurrini delle montagne utilizzando toni più chiari per quelle più lontane.  L'ondulazione accentuata del colle di Brianza (il Campanone) nelle due sezioni di destra così come il pendio dei monti di Brianza a sinistra sembrano non lasciare dubbi sulla località rappresentata.
  • Terzo  e quarto indizio: L'architettura riproduce lo schema di un refettorio esistente legato ad un personaggio importante.
La sala dell'Ultima Cena, riprodotta nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, è stata un'invenzione o Leonardo ha avuto esperienza personale di quello spazio come delle luci e dello sfondo? Può essere che l'artista abbia riprodotto uno spazio a lui noto, forse un piccolo refettorio di un monastero esistente?

Come già accennato la tavola della cena è lunga (facendo proporzioni antropometriche) circa  cinque metri ed è posta parallelanente al lato più corto del locale. I due apostoli a capotavola sono stretti in poco spazio fra il desco ed il muro. Il locale, quindi, è largo circa sei metri. Perché Leonardo ha fatto la scelta di stringere la scena attorno alla tavola come se avesse dovuto infilare i commensali in un locale esistente? Forse ha voluto riprodurre sul muro di Milano un luogo noto alla corte ducale?

Civate, noto per il piccolo e prezioso monastero montano di San Pietro conserva, nel suo centro storico, un edificio la cui storia è strettamente legata al ducato di Milano: il millenario monastero di San Calocero, ora Casa del Cieco.

Tre sono gli elementi indispensabili per capire la realtà del monastero civatese negli anni del passaggio dal ‘400 al ‘500, gli anni in cui Leonardo fu presente sul territorio lariano come risulta dalla relazione di Carlo Castagna: Artisti civatesi alla corte visconteo sforzesca  e l’abate commendatario Card. Ascanio Sforza Visconti.
  1. La testimonianza documentata dello stretto rapporto avuto dal monastero di San Pietro e Calocero sin dalle origini col potere politico-religioso milanese;
  2. La testimonianza della presenza degli artisti civatesi alla corte visconteo-sforzesca come Maffeo da Clivate, scultore e cesellatore  e zio di Marco d'Oggiono, allievo di Leonardo;
  3. La contemporanea presenza a Civate della importante figura del Card. Ascanio Maria Sforza Visconti, figlio di Francesco Sforza e fratello di Ludovico il Moro, come primo abate commendatario ufficiale del monastero e probabile committente del dipinto dell'Ultima Cena.



Una mappa settecentesca del monastero di san Calocero indica tutte le destinazioni d'uso dei locali dell'ampio complesso che sorge attorno ad un chiostro quadrato.
Il locale evidenziato in rosso era il vecchio refettorio (ora sala di rappresentanza dell'appartamento del fondatore dell'istituto monsignor Edoardo Gilardi morto nel 1962). Questo, malgrado le ristrutturazioni subite nel secolo passato, conserva tutte le caratteristiche architettoniche del refettorio che ha ispirato Leonardo come ambientazione della sua Ultina Cena.

Quanti altri palazzi conservano un locale cinquecentesco simile?  E' solo una suggestione? Forse, ma tutti gli indizi trovano nell'ex monastero benedettino di San Calocero  una convergenza difficile da ritrovare altrove.



L'antico refettorio ha dimensioni di circa 60 mq (5.7x10,1) ed è alto all'intradosso dell'impalcato in legno circa 5m.
Un tempo forse le due porte in fondo al locale non esistevano o esisteva solo quella di destra aperta sul pollaio.
Alle spalle di chi osserva c'era la porta principale che era più larga e più alta rispetto all'attuale e dava, come ora, su un disimpegno.

Le pareti laterali presentano, vicino all'ingresso un armadio a muro a sinistra ed una piccola porta che conduce alle camere dell'appartamento del fondatore a destra. Ora non ci sono altre nicchie, ma l'esame termografico ne ha evidenziata una, chiusa, sulla parete di sinistra simile nelle dimensioni a quelle presenti sul muro dell'Ultima Cena fra gli arazzi.
L'ambiente è stato ristrutturato più volte nella storia, è stato sostituito l'impalcato in legno del soffitto, aperte le strombature delle finestre, inserito l'impianto di riscaldamento. Facendo le dovute proporzioni è simile nella larghezza al locale della Cena ed un po' più alto, ma restano molti gli elementi in comune.





Il locale ora non è più utilizzato, mentre, per le necessità della Casa del Cieco sono stati adibiti a refettorio degli ospiti tre nuovi ambienti, costruiti lungo il lato sud e già presenti nella mappa del  XVIII secolo, con funzione di dormitorio dei confratelli.
Durante un recente restauro degli intonaci di quei locali è venuta alla luce una decorazione attorno al soffitto, risalente forse al XVI secolo, del tipo "nodi vinciani". Leonardo ha utilizzato lo stesso disegno di questa decorazione per i pizzi dell'abito della Dama con l'ermellino.




Non è escluso che questo luogo possa riservare altre sorprese in futuro. Ci auguriamo che una ricerca più determinata di quella parte degli archivi storici del monastero di San Calocero che risultano ora dispersi riesca ad aggiungere qualche tassello nei tanti periodi vuoti nella storia del monastero e, magari, nella biografia del grande autore dell'Ultima Cena.

Ricerca del 2016, aggiornamento marzo 2019, diritti riservati, Dario Monti