Stefano Morganti
Leonardo e il Contesto del territorio lariano
nell’opera di Luigi Giuseppe Conato

Ponte Azzone
Ponte Azzone - Lecco

1 – LE FONTI SCRITTE LEONARDESCHE

CODICE ATLANTICO - C.A. 214 recto

Lago di Como - Val di Chiavenna.
Su per lago di Como, di ver Lamagna, è valle di Chiavenna, dove la Mera, fiume, mette in esso lago.
Qui si trova montagne sterili e altissime, con grandi scogli; in queste montagne li uccelli d’acqua detti marangoni; qui nasce abeti, larici e pini, daini, stambuche, camozze e terribili orsi; non ci si pò montare se non a quattri piedi; vannoci i villani, a tempo delle nevi, con grande ingegno per fare traboccare gli orsi giù per esse ripe. Queste montagne strette mettano in mezzo il fiume; sono a destra e a sinistra, per ispazio di miglia 20, tutte a detto modo. Trovasi di miglio in miglio bone osterie; su per detto fiume si truova cadute d’acqua di 400 braccia, le quali fanno bel vedere. Ecci bon vivere, a quattro soldi per iscotto. Per esso fiume si conduce assai legname.

Valsassina.
Valsassina viene di verso Italia. Questa è quasi di simile forma e natura; nàscevi assai mappello; ècci gran ruine e cadute d’acqua.

Valle di Trozzo.
Questa valle produce assai abeti e pini e larici; è dove Ambrogio Ferreri fa venire il suo legname. In testa della Voltolina è le montagne di Bormi, terribili e piene sempre di neve. Qui nasce ermellini.

A Bellagio.
A riscontro a Bellagio castello è il Fiumelaccio, el quale cade da alto più che braccia 100 dalla vena donde nasce, a piombo nel lago, con inistimabile strepito e romore. Questa vena versa solamente agosto e settembre.

Voltolina.
Voltolina, come è detto, valle circondata da alti e terribili monti, fa vini potenti e assai; e fa tanto bestiame, che da’ paesani è concluso nascervi più latte che vino. Questa è la valle dove passa Adda, la quale corre più che 40 miglia per Lamagna. Questo fiume fa il pescio tèmere, il quale vive d’argento, del quale se ne truova assai per la sua rena.
In questo paese ognuno pò vendere pane e vino; e ‘l vino vale el più uno soldo il boccale, e la libra di vitella uno soldo, e ‘l sale 10 dinari, e ‘l simile il burro; ed é la loro libra 30 once; e l’ova uno soldo la soldata.

Monte Due Mani
Monte Due Mani

CODICE ATLANTICO - C.A. 214 verso

A Bormi.
A Bormi sono i bagni; sopra Como 8 miglia è la Priniana, la quale cresce e decresce ogni 6 ore; e il suo crescere fa acqua per 2 mulina e n’avanza, e il suo calare fa asciugare le fonti. Più su 2 miglia è Nesso, terra dove cade uno fiume con grande empito, per una grandissima fessura di monte.
Queste gite son da fare nel mese di maggio. E i maggior sassi scoperti che si trovino in detto paese son le montagne di Mandello, visine alle montagne di Lecche e di Gravidonia, inverso Bellinzona a 30 miglia a Lecco, e quelle di valle di Chiavenna; ma la maggiore è quella di Mandello, la quale ha nella sua basa una busa di verso il lago, la quale va sotto 200 scalini; e qui d’ogni tempo è diaccio e vento.

In Val Sàssina.
In val Sassina, infra Vimogno e Introbbio a man destra entrando per la via di Lecco, si trova la Trosa, fiume che cade da un sasso altissimo, e cadendo entra sotto terra, e lì finisce il fiume. Tre miglia più in là si trova li edifizi della vena del rame e dello arzento, presso la terra detta Pra Santo Petro, e vene di ferro, e cose fantastiche. La Grigna è la più alta montagna ch’abbi n’ questi paesi, ed è pelata.


CODICE LEICESTER - Lei. 11 verso

La Pliniana
Come i’ molti lochi si trovano vene d’acqua che sei ore crescano e sei calano: ed io per me n’ho veduto una in sul lago di Como, detta fonte Priniana, la quale fa il predetto crescere e diminuire, in modo che quando versa, macina più mulini, e quando manca, cala sì, ch’egli è come guardare l’acqua ‘n un profondo pozzo.

Da: “Scritti scelti di Leonardo da Vinci”, a cura di Anna Maria Brizio, Torino, UTET, 1952.


2 – LEONARDO TRA ADDA E LARIO


Leonardo da Vinci giunse a Milano fra l’inverno 1482 e la primavera successiva dopo aver offerto i propri servizi a Ludovico Sforza, conosciuto probabilmente durante un viaggio di quest’ultimo a Pisa. Leonardo si presentò al Moro – allora reggente del Ducato di Milano a nome di suo nipote Gian Galeazzo Maria, di fatto esautorato dal potere – come un ingegnere tuttofare:

“in tempo di pace credo satisfare benissimo a paragone de omni altro in architettura, in composizione di edifici e pubblici e privati, e in conducer acqua da uno loco ad uno altro”
(C.A. 391 r.a.).

Quest’ultima notazione, il saper “conducer acqua” , dev’essere stata di fondamentale rilievo per la sua “assunzione” a corte: Milano già da tempo perseguiva il miglioramento delle vie di trasporto del suo Ducato e – come facilmente intuibile – sommo riguardo veniva prestato alle vie d’acqua interne, le vere e proprie “autostrade del trasporto pesante” dell’epoca preindustriale.

Come testimoniato da uno lettera di Francesco Sforza al commissario milanese a Lecco, Giovanni da Castronovate, già nel 1463 ci si interrogava sulla fattibilità di un collegamento fluviale diretto tra il Lario e Milano attraverso il Naviglio della
Martesana, canale fatto scavare a partire dall’anno 1460 proprio dall’allora duca Francesco tra Trezzo e il cosiddetto “tombone” di San Marco a Milano, a scopo irriguo e di trasporto. Il Naviglio della Martesana divenne, col passare del tempo, la principale via di trasporto di ferro e combustibile verso il capoluogo lombardo, ma la sua utilità rimase sempre pregiudicata dalla mancanza di un collegamento diretto col ramo lecchese del lago di Como: tutt’ora la formazione rocciosa dei “Tre Corni” sbarra il corso dell’Adda in pericolose rapide presso Paderno, pochi chilometri a Nord rispetto al terminale abduano del Naviglio.

Vergine delle Roccie

Nel 1480 Ludovico Maria Sforza – che nel 1495 si fregerà ufficialmente del titolo di Duca – prese il potere nell’allora fiorentissima e potente Milano, una città all’apice del suo splendore, con oltre 130.000 abitanti. Il Moro è brillante, astuto, splendido mecenate, raffinato e intelligente, ma anche personaggio assetato di ricchezze, infìdo e prepotente, come dimostrerà infine l’esito dei suoi giochi di potere, con la chiamata del re di Francia all’intervento in Italia e i terribili strascichi storici che ne conseguiranno.

Milano è ricchissima, così come ricchissimi sono l’allevamento e l’agricoltura nelle terre del suo Ducato.
L’altra faccia della medaglia di una simile opulenza è, tuttavia, la traballante legittimazione del potere del Moro, usurpatore del titolo di suo nipote: insaziabile è la necessità di produrre materiale bellico per sostenere e consolidare la potenza politica e commerciale del Ducato.

Necessità di ferro, dunque, e ferro milanese per giunta, dato che i Veneziani avevano prima condizionato e poi reso impossibile ogni rifornimento ai Milanesi, rendendo così indisponibili le miniere del bresciano e del bergamasco, territori
compresi entro i confini della Serenissima. L’embargo veneziano costrinse dunque Milano a ricercare e riscoprire le miniere delle Prealpi lecchesi, dove preesisteva una millenaria tradizione di estrazione e lavorazione del ferro che affondava le sue radici addirittura nell’epoca preromana.

Tragetto sull'Adda

Stanti gli “appunti di viaggio” di Leonardo – così il Marinoni ha interpretato le note del Codice Atlantico – e gli inequivocabili disegni (come, ad esempio, il Traghetto abduano C.W. 12400), il passaggio del Vinciano nelle nostre terre è pressoché certo.
Nessun documento valido ha, tuttavia, “certificato” tempi e modi dei viaggi del Genio nella nostra terra: bisogna dunque aggrapparsi ai più minuscoli indizi e affidarsi alle congetture sia sulla cronologia di tali “visite” che su itinerari percorsi
e scopi precipui. Il tutto è, inoltre, complicato dal fatto che i “periodi milanesi” di Leonardo furono due distinti, il primo (1482-1499) appunto a servizio di Ludovico il Moro, il secondo (1508-1513) invece a corte di Charles d’Amboise, governatore francese di Milano.

I viaggi di Leonardo nelle terre lariane e abduane, dunque, in mancanza di ulteriori elementi, debbono essere spalmati su di un periodo che va dal 1490 circa alla fine del secondo soggiorno milanese del Vinciano.
Data la mancanza di certezze o di indizi tali da ricreare una cronologia dei viaggi di Leonardo che fosse ampiamente condivisa, gli studiosi si sono – a vario tempo e vario titolo – “lanciati” in ipotesi e suggestioni più o meno credibili e più o meno supportate da elementi probanti, nessuna delle quali, tuttavia, ha riscontrato parere unanime tra gli esperti.

Torre Cecilia
Torre Cecilia

Enrico Besta, grande giurista e storico valtellinese attivo nella prima metà del ‘900, propose la presenza di Leonardo al seguito di Bianca Maria Sforza, nipote di Ludovico il Moro, passata nel dicembre 1493 da Como, Bellagio, Morbegno e
Bormio e diretta ad Innsbruck dove avrebbe raggiunto suo marito Massimiliano I d’Asburgo, sposato per procura. La presenza di Leonardo a Bormio, dove Bianca Maria Sforza fu ospite degli Alberti, non è comunque attestata da alcun documento se non dai suoi “appunti” sul Codice Atlantico, i quali, comunque, ne indicano la conoscenza dei luoghi ma non recano alcun riferimento temporale o al succitato corteo nuziale:
A Bormi. A Bormi sono i bagni... ...in testa alla Valtolina è le montagne di Bormi,
terribili e piene, sempre di neve. Qui nasce ermellini”. (C.A. 214 v.e.)
Se dunque è molto probabile che Leonardo avesse visitato Bormio, assai meno lo è che lo avesse fatto nel rigido dicembre 1493: della presenza del Vinciano nel corteo nuziale non c’è nessuna notizia documentale, così come è di difficile spiegazione l’esaurimento degli appunti raggiunta Bormio, quando la sontuosa carovana di Bianca Maria invece proseguì alla volta di Innsbruck valicando il passo dell’Umbrail.

Gerolamo Calvi ipotizzò che queste note fossero sì connesse al corteo nuziale della giovane Sforza, ma che derivassero, però, da un rapporto di Tristano Calco circa una missione in terra tedesca da parte di alcuni funzionari ducali, allo scopo di organizzare l’itinerario del corteo: di nuovo, tuttavia, risulta di non facile spiegazione l’interruzione delle note a Bormio, come neppure la presenza di appunti sulle osterie della zona, elemento che poco potrebbe interessare
l’organizzazione di un matrimonio principesco.

Resagone da Bosisio
Resagone da Bosisio

Ilario Silvestri ha ipotizzato, in tempi più recenti, la presenza di Leonardo da Vinci – questa volta in veste di ingegnere di corte ed esperto di armi – al seguito di Ludovico il Moro nel 1496, quando il duca si incontrò a Malles Venosta con
Massimiliano d’Asburgo allo scopo di pianificare la conquista di Pisa: Luigi Conato ha voluto verificare personalmente tale affascinante ipotesi svolgendo ricerche documentarie presso gli Archivi storici della Val Venosta, senza tuttavia ottenere
riscontri positivi in merito.
Altri ipotizzarono infine il suo passaggio in Valtellina nel 1499, nell’ambito della fuga del Duca Ludovico alla volta del Tirolo, dove si sarebbe riorganizzato con l’aiuto dell’Imperatore nell’estremo tentativo di riconquistare Milano.

Gustavo Uzielli, invece, ritenne che il Vinciano compì diversi e numerosi viaggi esplorativi nelle terre lariane, alcuni dei quali – ovviamente – con scopi ufficiali. Uno di questi scopi sarebbe stato lo studio di fattibilità di un canale navigabile Lario-Milano, progetto che – secondo il Calvi – avrebbe riguardato l’aumento di portata dell’Adda mediante prelievo d’acqua dai Laghi Briantei, disegnati in mappa e misurati da Leonardo nel loro livello, come attesta il foglio C.A. 275 r.a. (opera connessa sempre dal Calvi alle conche idrauliche con galleria del foglio MS H, 80 recto e collegate dallo studioso all’anno 1510).

Altri viaggi esplorativi avrebbero potuto riguardare ricerche minerarie e metallurgiche. Proprio in quest’ottica, secondo Luigi Conato, deve essere collocata la presenza di Leonardo, “inzenarius ducalis” , nel territorio abduano e in Valsassina: questioni di viabilità fluviale e di ricerca del ferro lungo la cosiddetta “carraia del ferro”, la tortuosa via che da Lecco e dal “polo” metallurgico valsassinese conduceva a Milano attraverso la Brianza, entrando nel capoluogo da Porta Nuova.
A supportare tale ipotesi resta il fatto che Leonardo ha annotato nei suoi scritti a proposito del suo passaggio in Brianza, a Santa Maria Hoè, a poca distanza dalla “carraia del ferro”:
A Santa Maria a O nella valle di Ranvagnan ne’ monti di Brigantia son le pertiche di castagno di 9 braccia e di 14; 5 lire in 100 di 9 braccia”. (codice G)
Da Santa Maria Hoè si staccava la mulattiera che, salendo in quota, all’altezza di Giovenzana e Cagliano si univa a quella proveniente da Colle Brianza e San Genesio: San Genesio, sede di un convento di frati, fu territorio di ricerche minerarie durante il periodo ducale, mentre procedendo verso nord da Giovenzana lungo la direttrice di mezza costa si giunge a Colle Brianza, splendido punto d’osservazione sulla valle dell’Adda e sui Laghi Briantei studiati da Leonardo.
Acqua e ferro dunque. Due elementi – due problemi – che, come abbiamo visto, erano strettamente collegati nella Milano di Leonardo, a cavallo tra ‘400 e ‘500.
L’ipotesi della presenza del Vinciano nelle nostre terre alla ricerca del ferro è, oltre che plausibile e razionale, ben supportata anche dalle scarne fonti autografe: della visita del Grande alle fucine valsassinesi troviamo infatti un chiaro resoconto nei suoi appunti:
Tre miglia più in là si trova li edifizi della vena del rame e dello arzento, presso la terra detta Pra Santo Petro, e vene di ferro, e cose fantastiche.


3 – DISEGNI E ACCOSTAMENTI

Per dirigersi verso nord da Milano è comodo passare per Porta Nuova, da cui trae inizio anche la “carraia del ferro”: usciti dalla città si vede a nord est il massiccio dell’Arera e il gruppo dell’Albenza (che all’epoca segnavano il confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia), a nord Resegone, con le Grigne e i Corni di Canzo.

Le Grigne da Milano

Leonardo deve aver scoperto questo paesaggio splendido durante una giornata ventosa, quando il cielo lombardo viene ripulito dal Favonio e le montagne delle Prealpi Orobiche appaiono nettamente sullo sfondo della pianura e delle colline brianzole, dominando la scena con imponenza, quasi come se fossero a ridosso delle mura cittadine. Leonardo questo magnifico paesaggio l’ha disegnato e dipinto, non mancando di annotarne a latere anche la caratteristica colorazione:
li sassi di questo monte tengono naturalmente di colore deglinante in azzurro e l’aria che s’interpone li fa ancora più azuri e massime nell’ombre loro; hanno ancora cierte machie oscure le quali nascano dalli minuti alberi che in fra loro son seminati; hanno ancora nelle loro parte alcuna machia traente in oquria. Vedesi alcuni liniamenti traente al bianco, le quali son miniere di pietre e in fra loro son boschi di sesse e minute piante tramezzate da prati etc.” (BW 12414 recto)

In tutte le opere di Leonardo successive al suo arrivo in Lombardia non manca mai una montagna di Lombardia, sia essa un abbozzo, particolare o preciso contorno. Il lavoro di riconoscimento dei disegni leonardeschi non è per nulla compito
semplice: spesse volte il Grande scomponeva i singoli panorami ricomponendoli in maniera artistica seguendo la fantasia, duplicando (o cancellando) particolari che l’avevano più di altri impressionato, altre volte adottava una particolare e
scenografica vista a “volo d’uccello” (presente soprattutto nelle opere più tarde), che rende molto più difficile l’identificazione del punto d’osservazione e disegno.
È innegabile, tuttavia, che alcuni di questi schizzi siano quasi “fotografici”, in tutto e per tutto riconoscibili nelle montagne del lecchese: queste identificazioni sono state la base di partenza – la “solida certezza” di come i nostri monti avessero suggestionato Leonardo – su cui tutto il lavoro di Luigi Conato si è svolto, nella ricerca, appunto, di “ipotesi e suggestioni”:
nella vita e nelle opere di Leonardo nulla è certo, tutto è dubbio e contrastante, molto è incompiuto, molto si suppone”.


Grigna
Grigne
Resegone
da Garlate
...
da Bosisio
da Balisio
da Balisio

4 – I DIPINTI DI LEONARDO, TRA IPOTESI E SUGGESTIONI

Passando al campo pittorico, bisogna tener conto che si tratta di composizioni molto più mediate dalla fantasia rispetto ai suoi schizzi, specie nelle opere più mature. Dalle opere del Vinciano traspare una fortissima attenzione ai fenomeni di
formazione ed erosione delle rocce, studiate approfonditamente dal Genio.
Entrando nell’enigmatico mondo della pittura Leonardesca, dunque, non ci troviamo più di fronte a rappresentazioni quasi fotografiche della realtà, come in alcuni disegni visti in precedenza. Tuttavia, sebbene non sia possibile dare interpretazioni univoche alle ambientazioni leonardesche – sulla Gioconda, ad esempio, molto si è scritto e molto si è supposto: la sua ambientazione è stata proposta ora a Paderno, ora in Valle Spluga, ora alle Bocche dell’Adda presso i
Bagni di Bormio – si può dire che in queste opere traspare una “ispirazione di fondo”. E questa ispirazione non può essere data da altro se non dall’osservazione diretta delle montagne di Lombardia, percorse, studiate e disegnate da Leonardo
durante la sua lunga permanenza a Milano: se nel mondo leonardesco – come abbiamo visto – “nulla è certo”, quanto di più si avvicina alla certezza è proprio quest’ispirazione “lombarda” – e certo non toscana! – dietro ai magnifici paesaggi
che fanno da cornice ai suoi più celebri capolavori.
I critici cercano interpretazioni, si copiano e si contrastano cercando quanto nelle sue opere c’è di vero e quanto di ispirazione.

Vergine delle rocce
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Vergine delle Rocce (1483-86 ca.) - Museo del Louvre, Parigi


Sant'Anna
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Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’Agnellino (1510-13 ca.) - Museo del Louvre, Parigi


Gioconda
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Gioconda (1503-06 ca.) - Museo del Louvre, Parigi


Madonna dei fusi
Madonna dei Fusi (1501 ca.) - Collezione privata, New York


5 - BIBLIOGRAFIA
L.Conato – Leonardo e il Paesaggio Lombardo, Brescia, 1987
L.Conato – Ipotesi e Suggestioni: mostra fotografica di disegni vinciani e località
lombarde, Milano, 1995
L.Conato – Leonardo da Vinci nella Valle dell’Adda, tra certezze, ipotesi,
suggestioni, Como, 2003
Le fotografie sono tutte dell’autore di questo scritto o scansionate dalle opere di
Luigi Giuseppe Conato

2017 - Stefano Morganti