ITINERARIO IN TERRA SANTA, 1358 di Francesco Petrarca

 

Nel momento in cui il Petrarca rifiutava l’invito di Giovanni Mandelli a seguirlo in Terra Santa e, tuttavia, accondiscendeva ai desideri dell’amico d’avere con sé un suo ricordo, concretizzato in literulae itinerarii loco, egli veniva ad accettare l’idea di descrivere un itinerario di viaggio puramente teorico, trovando per tale soluzione una giustificazione programmatica che si inseriva in un contesto ben definito: «multa que non vidimus scimus, multa que vidimus ignoramus»; la conoscenza non dipendeva dunque esclusivamente dalla visione diretta, ma poteva essere raggiunta anche mediatamente, attraverso carte geografiche, descrizioni di autori, testimonianze di contemporanei, e così spesso il dato reale poteva essere confrontato con quello storico per offrire, in tal modo, una visione dinamica di ogni dato o problema.

L’Itinerarium si presenta così come come una ben congegnata struttura fatta di testimonianze dirette e di mediazione letteraria, nella quale tale mediazione letteraria poteva riguardare non solo la tradizione, ma coinvolgere direttamente scritture petrarchesche, che divengono così termini di raffronto per interessanti autocitazioni.

Si è mostrato come, storicamente, il porto di imbarco per le vie di navigazione verso l’Oriente mediterraneo fosse Venezia: per l’organizzazione che essa offriva, per la regolarità delle partenze. Nulla esclude con certezza che l’opzione di Genova proposta dal Petrarca a Giovanni Mandelli corrispondesse ad una reale maggior facilità per il funzionario visconteo di trovare un passaggio verso la costa della Terra Santa da Genova, nuovo acquisto milanese, anziché da Venezia (sebbene ciò lasci alquanto dubbiosi), tuttavia è più probabile che la scelta del Petrarca fosse dettata da ragioni letterarie: la costa tirrenica era stata al centro di un bellissimo passo dell’Africa in cui la descrizione dei luoghi viene assunta a punto d’onore per la priorità assoluta in tutta la tradizione letteraria; e dal commento si è cercato di far emergere come la presentazione dell’Itinerarium sia debitrice nei confronti dell’Africa, in un rapporto di opposizione stilistica istituito direttamente dal Petrarca.

Così il litorale laziale e campano erano ricchi di echi virgiliani, i quali si estendevano fino alle coste meridionali della Calabria ed allo stretto di Messina, con Scilla e Cariddi. La costa ionica offriva modo di parlare di Squillace attraverso Virgilio, di Crotone attraverso Livio, di Taranto e Brindisi e dei loro ricordi virgiliani ed enniani.

Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile per la costa adriatica, povera di una tradizione letteraria. Per rendere più chiara questa impressione basta considerare che su ottantuno paragrafi in cui è stata divisa l’operetta nella presente edizione, ben quarantasei (dunque più della metà) sono dedicati alla descrizione delle coste dell’Italia: una proporzione, questa, che non ha riscontro in nessun altro diario o scritto odeporico, non solo contemporaneo, ma neppure precedente.

Dunque il viaggio del Petrarca verso la Terra Santa progredisce in piccola parte con la memoria diretta dei luoghi, quanto piuttosto avanza con il bagaglio di cultura letteraria, poetica, storica, cosmografica e geografica (Virgilio, Lucano, Livio, Svetonio, Plinio il Vecchio, Solino, Pomponio Mela, Isidoro), con le carte geografiche, che il Petrarca possedeva,” in una piena consapevolezza dell’assoluta dignità di questa operazione, che rendeva il proprio Itinerarium carico se non di notizie pratiche di valori culturali ed etici.

dalla prefazione al libro a cura di V.Lo Monaco

PierLuigi Lubrina Editore, Bergamo 1990

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Dicembre 2009 - Dario Monti