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ASPETTANDO EXPO 2015

QUANDO A MILANO SI ARRIVAVA SULL'ACQUA....


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La Lombardia, terra di laghi e di fiumi, per secoli ha potuto vantare un'efficientissima rete di vie d'acqua: sin dal Medioevo navigli e canali rappresentarono un avanzato sistema di trasporto e comunicazione per persone e merci. Grazie alla costruzione del Naviglio Grande che da Tornavento permetteva di raggiungere la Darsena di Milano con circa cinquanta chilometri di percorso, Milano assunse una posizione privilegiata divenendo centro economico di primaria importanza.

n.d.r.  Vedi la pianta di Milano con i suoi canali navigabili.

Ogni giorno giungevano al porto della città file di barconi per scaricare le materie prime e le più diverse mercanzie che provenivano dal Lago Maggiore e dalle vallate alpine circostanti e per caricare i prodotti destinati ai mercati lacuali e d'Oltralpe.

“Fu fatto questo Naviglio per dare abbondanza a Milano di legno da fuoco e da opera, di carbone, di vino, di calcina, di pietre vive e cotte, di carne, di pesci che dal lago Maggiore de' Svizzeri e dai luoghi circonvicini in abbondanza e con poca spesa ci conducono; et per levare da Milano sale, risi, lini, ed altre robbe che ai lacuali e a Svizzeri si vendono” scrive alla fine del Cinquecento Giovan Battista Settala.

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Dalle cave di marmo di Candoglia, attraverso il Naviglio Grande, fu possibile trasportare il materiale da costruzione per il Duomo di Milano. I milanesi conoscono bene il significato dell'espressione "a uf". Le pietre che servivano per il Duomo erano contrassegnate dalla sigla ad usum fabricae, marchio che le esentava dal pagamento del dazio. Da qui la traslazione successiva di significato per indicare qualcosa per cui non è richiesto alcun pagamento.

n.d.r. Vedi l'articolo sul marmo di candoglia sul sito Storia di Milano.

Oltre alle merci, però, sul Naviglio Grande viaggiavano anche le persone. Arrivare a Milano sull'acqua è stato, in passato, prerogativa di principi e principesse, re, regine e personalità d'alto rango. Filippo Visconti (1412- 1447), sotto il cui ducato si realizzò una delle più importanti idrovie milanesi, pare fosse solito raggiungere i suoi castelli ed i luoghi prediletti viaggiando sull'acqua, per piacere e comodità, oltre che per il timore di cadere in un agguato lungo una strada.

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Dal Cinquecento in poi le famiglie nobili milanesi raggiungevano le loro residenze di campagna utilizzando le vie d'acqua. Nel Settecento, secolo in cui numerosi nobili costruirono in campagna e lungo il corso del Naviglio sontuose ville per abitarvi o trascorrere la stagione estiva, dodici barche di grande capacità compivano ogni giorno il percorso Milano -Turbigo con fermate a Boffalora, Abbiategrasso, Gaggiano e, successivamente, Robecco.

Fu istituito in questo periodo anche il Barchett de Boffalora, una grande barca che richiamava la forma di un'arca, utilizzata per il servizio postale tra Boffalora a Milano e viceversa oltre al trasporto giornaliero delle persone che raggiungevano i diversi paesi lungo il corso del Naviglio.

L'intenso traffico lungo le vie d'acqua dimostrava, però, un forte limite nella lentezza del servizio.

A metà Ottocento, i barchetti che percorrevano la tratta Milano- Turbigo impiegavano circa undici ore per l'andata ed oltre sei per il ritorno. Accanto a proposte per l'utilizzo del vapore che interessò in larga misura la navigazione sui laghi, la ferrovia, la tramvia elettrica nei primi decenni del Novecento e l'autoservizio in anni più recenti, sostituirono completamente la navigazione. A Milano, con la chiusura della cerchia dei Navigli, essa perse del tutto la sua ragion d'essere.

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Oggi, in attesa di Expo, di vie d'acqua si torna a parlare. Ancora, lungo il Naviglio Grande, sopravvivono numerose testimonianze di ville e resti di manufatti di notevole valore storico, artistico e tecnico: residenze rinascimentali con rigogliosi parchi e giardini, ponti, chiuse, mulini, opifici e grandi centrali idrauliche che attestano la vitalità e l'importanza commerciale di questa via d'acqua.

Un patrimonio da conoscere, salvaguardare e valorizzare. Una sfida anche per Expo 2015. 

 

luglio 2014 - Rosalba Franchi