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Non sappiamo con precisione
il suo nome né la sua terra d'origine. Sappiamo, però,
con certezza che, nel IV secolo ella intraprese verso la Terrasanta
un lungo viaggio di cui ci ha lasciato un prezioso diario. Si trattava di una sorta di diario di viaggio scritto da una donna che aveva compiuto una peregrinazio in Terrasanta. Lo scritto restò anonimo sinchè, nel 1903, l'abate Ferotin avanzò un ipotesi che incontrò larghi consensi. L'autrice di questo "Itinerarium" poteva essere identificata con la "beatissima Egeria", donna straordinaria additata come modello di virtù dal monaco Valerio di Bierzo nel VII secolo. In una lettera rivolta ai confratelli di una abbazia situata nella regione del Bierzo (nella Spagna settentrionale, tra l'attuale Galizia e l'antico regno di Leon), Valerio, infatti, ne celebra l'operato lodando in particolare l'impegno profuso nel visitare personalmente i luoghi biblici. Ma chi era, in realtà,
Egeria? Partendo per la Terrasanta, presumibilmente tra la Pasqua del 381 e quella del 384, Egeria affrontò i disagi e i pericoli di un viaggio asssai lungo svoltosi per mare, sui carri, a cavallo, sul dorso di asini e cammelli, a piedi. Giunta probabilmente a Costantinopoli via mare, Egeria raggiunse Gerusalemme attraverso la grande strada militare che percorreva la Bitinia, la Galazia e la Cappadocia, via che seguì anche per il ritorno come lei stessa racconta. Arrivò a Tarso attraverso la difficile catena del Tauro attraverso le celebri "Porte Cilicie", visitò Antiochia, Sycamina (oggi Haifa) e quindi, passando per Emmaus, giunse a Gerusalemme. Nella Città Santa, da cui fu particolarmente colpita, si fermò tre anni senza peraltro rinunciare ad abbandonarla periodicamente per visitare i luoghi della tradizione biblica. La regione del Sinai, la Giudea, la Samaria e ancora l'Egitto e la Tebaide con i suoi anacoreti rappresentano per Egeria altrettante tappe obbligate del suo viaggio. Legge puntualmente i passi della Bibbia che descrivono i luoghi delle sue visite e sembra, con la sua presenza fisica, voler suggellarne la reale esistenza e storicità. La fede e la profonda moivazione
che sostengono i suoi viaggi la spingono ad affrontare anche
imprese ardue come le estenuanti ascensioni a piedi sulle montagne
sacre: il Sinai, il Nebo, il Tabor, lo Hetrmon, il Monte delle
Beatitudini, il Monte della Quarantena presso Gerico. La fatica
non sembra offuscare il suo gusto per la bellezza del paesaggio
e la naturale attenzione verso immagini edeniche di giardini
verdeggianti ed acque limpide. Nelle sue descrizioni traspare
una sorprendente sensibilità. Felice ella riprende il suo cammino ma la sua contentezza esplode a Seleucia dove incontra un'altra donna, la diaconessa Marthana: "Quale gioia per lei e per me quando ci incontrammo!" è il suo grido. In mezzo alle fatiche di un viaggio spesso compiuto in solitudine, anche l'incontro con un'altra donna poteva sembrare un miracolo. |
Rosalba Franchi |