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Come si celebrava il Natale a Milano nell'Ottocento?
 E in casa Manzoni?   di Annunciata Razzini


naviglio
Il naviglio di Milano sotto la neve. Particolare dipinto di Angelo Inganni (1807 - 1880).


Curiosiamo un po' nelle consuetudini dei nostri avi lombardi. Troveremo le origini dei nostri, ormai consolidati, riti natalizi.

Nel primo ventennio del secolo, quando in casa Manzoni c'erano tanti figli piccoli, la borghesia milanese aveva già recepito i nuovi orientamenti che, nelle capitali europee, stavano trasformando la celebrazione religiosa in festa di famiglia, con al centro i doni per i bambini. In essi, icona d'innocenza e promessa d'avvenire, si vedeva Gesù Bambino e si riviveva il messaggio evangelico dei Magi. Non erano ancora arrivati Santa Claus e l'albero, la cui moda fu diffusa dalla regina Margherita, sul trono dal 1878.

I "portatori di doni" erano Gesù Bambino e i Re Magi festeggiati con il fastoso corteo al loro sarcofago in San Eustorgio. Non era ancora arrivato neppure lo scambio di regali fra adulti, promosso nel ventennio dell'Ottocento dalla prima invenzione del consumismo: i Grandi Magazzeni. Erano però già di moda i "libri strenna”. Il primo di Vallardi fu pubblicato a Milano nel 1832. Anche le riviste più importanti, come "L'illustrazione italiana" ne facevano omaggio agli abbonati. Dal 1834 al 1894 uscì una speciale "Strenna italiana", a cui collaborarono anche il Nievo e il Tommaseo Alcuni fascicoli sono conservati nella biblioteca di Manzoni.

Canto di Natale
La prima edizione del 1843 del Canto di Natale
albero di natale
  Da GODEY'S LADY'S BOOK, Dicembre1860.

Era, però, arrivata a Milano una concezione più sociale e solidale della festa, influenzata anche dalla prima edizione italiana (1852) del dickensiano "Canto di Natale". A Milano si promossero iniziative a favore dei bambini sfruttati nelle manifatture con la richiesta di vacanze e la distribuzione di doni.

Ho scoperto anche qui in Spagna, da dove scrivo, che i "portatori dei doni" tradizionali erano e sono i Magi La notte del 5 gennaio i bambini ponevano vicino alla porta di casa un secchio d'acqua per il cammello e una lanterna. Accanto le loro scarpine più belle. La mattina dopo vi scoprivano dolci e regalini. Questo mi ha rammentato i racconti della mia mamma. Nelle campagne a sud di Milano la notte della vigilia accanto al camino, dove bruciava un grande ceppo, i bambini ponevano un piatto di biscotti e un bicchiere di latte per Gesù Bambino, un secchio d'acqua e una manciata di fieno per l'asinello e le loro scarpine migliori Poi uscivano per la Messa di mezzanotte, lasciando la porta socchiusa

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  I Re Magi, particolare dello scomparto dell’Armadio degli Argenti di Beato Angelico dedicato alle Storie dell’Infanzia di Cristo

Torniamo a casa Manzoni. Forse vi si celebrava un rito, raccontato da Pietro Verri nella "Storia di Milano". In ogni famiglia, dalle più umili alle principesche, si preparavano tre grandi pani speciali. Il padre li affettava e distribuiva, ma una fetta si conservava per il Natale successivo. Si suppone che da qui nacque il panettone, il cui nome è già testimoniato nel “Varon de la lingua de Milan” pubblicato nel 1606. Probabilmente in casa Manzoni si gustava la “carsenza“ o il più raffinato panettone che, però, era basso e consistente. Solo nel 1919 un panettiere del Centro, il Motta, seppe far lievitare il panettone che assunse così l'aspetto attuale.
El prim de l’an se mangia la Carsenza”. È un detto attribuito ad Alessandro Manzon e presente nella raccolta di versi in milanese “Fest de Natal” scritti nel 1853 dal medico poeta Giovanni Rajberti.

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La Carsenza
panettone
Il panettone originale

L'atmosfera doveva essere allegra, perché, come raccontò la figlia di Fauriel, nonna e mamma condividevano giochi movimentati con i figli. Il poeta non partecipava, ma assisteva compiaciuto. Questa letizia familiare si percepisce anche nell'inno sacro scritto per il Natale nel 1812, un canto di giubilo e speranza, che doveva accompagnare il tripudio e il fervore della Messa natalizia.
"Ecco, ci è nato un Pargolo - Ci fu largito un figlio - Le avverse forze tremano - Al muover del suo ciglio. All'uomo la man Ei porge - Che si ravviva e sorge - Oltre l'antico onor". Natale è gioia e speranza di redenzione, di cui il Poeta, dopo la recente conversione, si sentiva indegno, ma entusiasta fruitore.

Ventun anni dopo, nel "Natale 1833", a quel tenero Pargolo Manzoni si rivolge straziato dalla morte, dopo immeritate sofferenze, della dolce moglie Enrichetta. "Sì che tu sei terribile! - Sì che in quei lini ascoso - in braccio a quella Vergine - sopra quel sen pietoso - come da sopra i turbini, regni, o fanciul severo! - È fato il tuo pensiero, - è legge il tuo vagir. - Vedi le nostre lacrime, - intendi i nostri gridi, - il voler nostro interroghi, - e a tuo voler decidi"  

Un voler che appare contrario alla giustizia, al merito, alla misericordia, contrario alla ragione. Che il Manzoni cercò sempre di conciliare con la fede e che in questo momento sente profondamente contraddittori… A che serve la preghiera? "Mentre a stornare il fulmine - trepido il prego ascende, - sorda la folgor scende - dove tu vuoi ferir” Ma anche Cristo sulla croce ha sperimentato la sofferenza della preghiera non accolta. Anche sua madre che nel Natale lo stringe a sé felice “ti seguira' sul monte - e ti vedrà morir"


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Manzoni non può con la spada nel cuore, citando San Luca, dare un esito alla sua riflessione. Lascia interrotta la composizione con un'altra citazione: "cadono le mani"

Tanti auguri di buone feste. Annunciata Razzini

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Nuccia Razzini, Natale 2023